martedì 7 giugno 2011

Moderiamo le Parole


Capita, a volte, che qualcuno mi punzecchi dicendo che "non può esistere il matrimonio gay", perchè "MATRIMONIO etimologicamente deriva da MATER e MUNUS, cioè COMPITO DELLA MADRE, perchè è finalizzato alla PROCREAZIONE, per cui non può chiamarsi così l'unione tra due omosessuali (in particolar modo maschi)".
"La lingua si evolve anche per consuetudine" rispondo in genere "anche il SALARIO si chiama così perchè una volta era pagato col SALE".
Ma questo è solo un esempio per parlare di altre consuetudini linguistiche, che vengono, stavolta volontariamente, introdotte nel nostro vocabolario politico per condizionarlo.

L'iniziativa, lanciata da molti siti e pensatori, mira a farci riappropiare del corretto dizionario politico costituzionale. Non c'è traccia, nella nostra Carta, di parole come PREMIER, espressione mutuata dall'ordinamento istituzionale del Regno Unito.
L'ultimo Premier, o Primo Ministro, è stato in Italia Pietro Badoglio, poi con la caduta della Monarchia la carica è stata formalmente soppressa.
Non si tratta di una mera sottigliezza linguistica: il Premier non si limita a coordinare l’attività dei ministri (come invece dovrebbe fare il Presidente del Consiglio dei Ministri in Italia), ma la determina. Basti ricordare come, durante la XIV Legislatura, la maggioranza parlamentare che sosteneva il governo della Casa delle Libertà approvò un disegno di legge costituzionale concernente "Modifiche alla Parte II della Costituzione" che, nella parte riguardante la forma di governo, adottava proprio il premierato (Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale a novembre 2005). In questa versione, l'elezione diretta del primo ministro era prevista soltanto secondo modalità stabilite dalla legge e non escludeva la nomina da parte del presidente della Repubblica. Il primo ministro, inoltre, nominava e revocava i ministri, senza la necessità di decreti presidenziali, e poteva proporre lo scioglimento della Camera dei deputati.
Nell'estate successiva, i cittadini furono chiamati alle urne e respinsero questa riforma costituzionale (Referendum Confermativo 25/26 giugno 2006: Affluenza 52,3%, SI' 38,68%, NO 61,32%).
GOVERNATORE è un'altra di quelle parole surrentiziamente introdotte nel linguaggio comune: in Italia di Governatori ce n'è solo uno, che è quello della Banca d'Italia.
Si usa, ad esempio, negli Stati Uniti per indicare gli amministratori dei vari stati federati, mentre da noi sono diventati 'governatori' - ma guarda un po' - i presidenti dei diversi consigli regionali (se permettete, con una forza al governo che fa della seccessione e del federalismo le sue bandiere, il dubbio che non sia del tutto casuale mi viene).

Da amatoriale studioso e lavoratore nel campo della comunicazione, so bene come le parole o le immagini (e l'assuefazione ad esse) possano influenzare le menti, basti pensare al primo seno scoperto in tv (visto dove siamo arrivati?) o alla mitologica terra della Padania (ne parlo anche qui). A furia di parlare di Premier e Governatori, ce li ritroveremo in casa.

Per tutti questi motivi, condivido assolutamente il valore di simili iniziative.
"La lingua si evolve anche per consuetudine", dicevo in apertura, ma non possiamo permettere che queste consuetudini ci vengano iniettate come un veleno.

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