martedì 13 marzo 2012

Manovra di Ferragosto?! Prrrrrrrrrrr!

Un dossier del Sole24Ore svela come gran parte dei tagli ai costi della politica nelle amministrazioni locali siano rimasti sulla carta.
La "carta" è quella della manovra di Ferragosto, della legge 138/2011, che interveniva sulla composizione delle assemblee regionali e provinciali, con una riduzione complessiva dei consiglieri da 1.109 a 700. Le riduzioni dovevano arrivare entro il 13 febbraio, per andare a regime alla tornata amministrativa di maggio.
Ad oggi, le uniche regioni che si sono adeguate alle nuove norme sono Veneto (da 60 a 50 consiglieri) e Toscana (da 90 a 50), oltre a Lombardia ed Emilia Romagna che avevano i numeri in regola già da prima.

Come hanno evitato i tagli? Semplice, appellandosi all'autonomia riconosciuta loro dal (riformato) Titolo V della Costituzione; a loro è lasciata totale discrezionalità legisativa in materia di indennità, spese, rimborsi e previdenza.
"Un caso unico in Europa perché in genere è un soggetto terzo a disciplinare queste materie invece in Italia questa compentenza è risconosciuta in via eslusiva alle Regioni. Il risultato è che queste dovendo decidere per sé fanno quello che vogliono e lo Stato può emanare norme di carattere nazionale che per loro sono solo di indirizzo senza obbligo giuridico" spiega Angelo Rughetti, direttore generale dell'Anci.
A rimanere stritolati dai tagli imposti sono i Comuni, per cui gli atti del Governo hanno valore di legge. E così, con i Dl 78 e 138 si sono tagliate indennità e poltrone alle municipalità, sbilanciandone spesso la forza politica e richiedendo loro pesanti sacrifici.
Ma i comuni hanno effettivamente risparmiato? "Si, lo dice la Corte dei Conti. Nel 2010 la spesa per 8mila amministrazioni era di 70 miliardi, nel 2011 è scesa a 64,6" conferma Giovannini, presidente Istat chiamato ad analizzare le spese locali.

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